I dialetti Galloitalici della Basilicata


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Lettera S

Studiare > Dizionari > Potenza - "Glossario a dengua putenzese"

Raccolta di voci in vernacolo tratte da scritti di autori potentini a cura di Vincenzo Perretti e con la collaborazione di Enzo Matassini.

sa, agg., sua
sabbete, s. m., sabato
sabina, v. savina
sacca, s. f., tasca; la sacca mariuola č la tasca interna; sacchetta č il taschino
sacche, s. m., sacco. Un modo di dire: stringenn li sacc, concludendo (am)
sacchette, s. m., sacchetto; ad es., vecchia fodera di cuscino usata per contenere farina o similari
saccone, s. m., materasso fatto di frasche di granturco (ll)
sacresa, s. f., sorpresa (rr). v. all’anzacresa e anzacresa
sacrestāne, s. m., sagrestano
sacretarie, s. m., segretario (am)
sacrete, s. m., segreto(am)
saglie, vb., salire; emme da verč de fallu saglie, dobbiamo vedere di farlo salire, nel senso di farlo eleggere (am)
sagliura, s. f., salita
sagna, s. f., lasagna, pasta fatta in casa (rr)
saietta, s. f., saetta, fulmine; in senso fig.: ne dascia na sajetta, ci lanciava una maledizione (rd). Con significato diverso in Marsico: mogn’amma dā saietta, adesso non glidobbiamo dare niente
salamorra, s. f., salamoia
salatielle, agg., salato. Il termine (scritto con la doppia ‘l’ e non doppia ‘d’) č una voce del potentino ‘moderno’, ripetuta da un ambulante che vendeva cicerie fave cott’
sale, s. m., sale; la sala e la cartedda, l’imposta sul sale e la cartella delle tasse (rd)
saléra, s. f., saliera; in senso fig.: che t’ammacchi la salera, che ti passa per la testa (rd)
sālesce, s. m., salice
saliā, vb., prendere a botte; na saliāra, una bastonata
salma, s. f., misura di liquidi, riferita al vino, pari a sei barili. Sottomisure erano: quarta o quartarola e caraffa
salma, s. f., carico, soma; č assai ravosa la salma c’arraamm ngodda, č assai gravoso il peso che ci portiamo addosso (am)
salment’, s. m., sarmento, sterpi di legno raccolti per il fuoco (rr)
salmentā, vb., raccogliere sarmenti secchi da terra o dopo la potatura (rr)
saluta, s. f., salute (am)
salvietta, s. f., asciugamani. meno comun., tovagliolo
samenā, vb., esaminare (am)
sammuche, s. m., sambuco
sanā, vb., guarire, castrare. Col significato di aggiustare, comporre: sanā la situazione, aggiustare le cose. v. mastriā
sanapurciedde, s. m., norcino, guaritore di porci; pių esattamente colui che castra il maiale per favorirne l’ingrasso
sane, agg., sano. Modo di dire: č arruvā san’ san’, č arrivato bene, tutto intero
sangh’, s. m., sangue; anche sanghe
sangila, s. f., gengiva (am)
sanginedda, s. f., qualitā di uva nera da tavola
sanguetta, s. f., mignatta, sanguisuga. Nelle satire di Marsico č scritto: lu cuverne č duventā na sangesuva
sangunale, s. m., sanguinaccio, una sorta di crema fatta di cioccolata, latte, zucchero, sangue di maiale ed aromi
sanizze, agg., sano, non alterato
santa croscia, s. f., tavola dell’alfabeto; in antico toscano: ‘abecedario’. v. crosce
sant’ Martine, sinonimo del mese di novembre. Un motto popolare recita:—Sante Martine,menestra e cucina. Un detto augurale, nell’entrare in casa altrui, č: Sant’ Martine! e la risposta č: mbō vegne
santocchie, agg., falso santo. Per Danzi santocchia č dispreg. nei confronti di donne bigotte; pių tardi sta per ‘santarellina’
santutale, inter., imprecazione, modo di dire per non bestemmiare, come sante fecete, san fetente; sant venteline, santo venticello; sande niende, santo niente
saraca, s. f., salacca, aringa salata (rr); nu tiniedd’ de sarache mess’ a spunzā, un piccolo tino di aringhe messe ad ammollo (fg). Da documenti d’archivio, i pesci salati venduti a Potenza nel primo ‘800: alici, sarde, baccalari, salacche, tonnina, tarantello, scommaroearinghe.In senso fig.: ‘na saraca, una botta, un colpo
saraca, s. f., cappotto di saraca, fatto con ‘pelo di capra’
saracare, s. m., venditore di aringhe.
sarachedda, s. f., piccola aringa. In senso fig.: persona esile. Sarachedda č agnome di famiglia
sarachino, s. m., giacca maschile, detta anche sciammerichino, con polsino a due bottoni (rr). v. sciammerea
saravalle, sinonimo di bandito; dal nome del famoso brigante Paolo Serravalle, ucciso nell’agosto del 1863, la cui testa fu esposta sul piano diMontereale
saravodda, s. f., una qualitā di grano duro
sarcenale, s. m., uomo di grossa corporatura, robusto
sarchiapone, agg., detto di persona lenta, goffa
sarcėna, s. f., frusta, ricavata da un arbusto resistente e flessibile (rr)
sarcināra, s. f., frustata; na sarcinara di mazzare, una scarica di botte (rr)
sarcių, part. pass., rammendato, riparato; a piezz l’avienn sarcių li divisore, a pezzi avevano riparati i tramezzi (rd)
sarsizie, s. f., esercizio, negozio; la tangella de sarsizie e vennete, la tassa sull’ esercizioe la vendita (am)
sartāscene, s. f., padella con manico (vv)
sartōre, s. m., sarto, detto anche: cuscirore e cusitore
satrizzā, vb., mettere in ridicolo, fare satira; apostle sonn’ e volne satrizzā, sono apostoli e ci vogliono prendere in giro (rd)
satte satte, agg., esatto esatto, giusto giusto (rd)
sattōre, s. m., esattore
satturėa, s. f., esattoria
sauta nnant’, un gioco di ragazzi, ovvero salto avanti come scrive Riviello
savč, vb., sapere, conoscere; i sacc’, i savia, i savria, si i savesse, io so, io sapevo, io saprei, se io sapessi; nun zaviemm, non sapevamo; lu sacc’ bone, lo conosco bene
savecicchie, s. m., salsiccia (vv). Riviello scrive: savicicch’ e savucicch’
savetā, vb., saltare; aviedda fa savetā li topp pe’ dd’aria, fece saltare i pezzi per aria (am)
savetariedde, agg., saltellante, e quindi sano, in buona salute (am)
sāvete, s. m., salto; anche saute
savina, s. f., arbusto simile al ginepro; Juniperus Sabina, da cui si ricava un olio medicinale (rr). Anche sabina
savone, s. m., sapone
savore, s. m., sapore
savurose, agg., saporito
sbafanduse, v. bafanduse
sbaliā, v. svaliā
sberreiā, vb., girare, ruotare; sberreienne cu li bannere, lu paise da cape mbére, andando in giro per il paese sopra e sotto, con le bandiere
sbiā, vb., mandare via, mettere fuori strada. M. Albano scrive, a proposito di una partita di calcio: ndorsa nu cavece pe’ sbiarla a monte, tira un calcio per mandarla lontano. v. sebbiā
sbracare, part. pass., sbracato
sbrasciā, vb., ravvivare la brace; sbrascia mpō su fuoe, tira fuori un po’ di brace da questo fuoco (am)
sbruvugnare, agg., svergognato. v. subbruvugnā
sburrara, s. f., sfuriata, sfogo; fascč nu parapiglia e na sburrara (rd)
sca, č una forma rara e desueta, che si rinviene solo in Danzi e corrisponde a sembra che, dicono che (il classico dicitur); scha tiegne lu nase dongo, dicono che ho il naso lungo; ivi, in altro sonetto: sca l’appaltatore si dice che l’appaltatore
scaā, v. scacā
scacā, vb., letter., cacarsi addosso; in senso fig.: impaurirsi, fare una brutta figura. Danzi scrive: s’ č scaare, si č fatto sotto; nella seconda edizione della stessa poesia, č modificato in se scaaze. Riferito alla gallina o similare, il vb. sta per fare uova. v. uvare
scacaliā, vb., col significato simile a scacā, ma, pių esattamente in italiano si dice ‘scacazzare’. G. Albano scrive: Lu vadd scacalea e fa rumore, senza sent mai dulore, il gallo caca e fa rumore, senza sentire mai dolore; č un detto per sottolineare la differenza tra gallo e gallina
scacca, s. f., manciata di ciliegie, legate una ad una intorno ad una canna (rr). Le ‘scacche’ sono anche le guance arrossate; leggi la pronunzia sc-kacche
scacche, s. m., scoppio; mang pe’ scacche de trone, nemmeno con lo scoppio del tuono (am)
scacchetiedd, s. m., brano, pezzetto; nu scacchetiedd de lettrescedda, una letterina (sp)
scafarčia, s. f., una specie di piatto o vassoio per contenere il vino che eventualmente si versava, mentre si riempivano le caraffe (rr). In altri paesi vicini č il vaso di terracotta per lavare verdure, etc.
scaffā, vb., mettere dentro, conficcare (ll). Leggi la pronunzia sc-kaffā
scaglie, s. f., scagliola, scarti del grano
scagliuzzā, vb., mangiucchiare a piccoli pezzi (am)
scagnā, vb., scambiare, sostituire, confondere una cosa con altra; ha scagnā culore, ha cambiato colore. v. cagnā e scangiā
scagne, s. m., sgabello, scanno (rr)
scagne, s. m., scambio, permuta
scagniedde, s. m., piccolo scanno (rr). In Danzi č scritto dalla seggia te passo a luscagniedde, col significato di destituire, punire. Altrove scritto: scagnedd’. Langone precisa che scagniedd’ sta per sgabello a quattro piedi.
scalancā, vb., precipitare, mutare al peggio. Comun. detto del tempo metereologico (rd). Anche scalangā
scalcina, v. cavecerogna
scalfā, vb., riscaldare (rd)
scalfadiette, s. m., scaldino da letto. Scalfadiette č agnome di due differenti famiglie
scalfone, s. m., pantofola o scarpa vecchia per usarsi in casa, cui veniva tagliato il ‘forte’ posteriore (ll)
scalliff’, s. m., individuo magro, insignificante (am)
scalone, s. m., gradino. v. grarine
scamā, vb., lamentarsi, in genere degli animali. Leggi sc-kamā.
scamalenz’, s. m., lagna; chiant’, scamalenz e male patement, pianti, lamentazioni e dolori (am). E’ usato anche come agg., lagnoso
scambā, vb., scampare un pericolo, spiovere; č scambā, č finita la pioggia; pe’ mescampā, per ripararmi (ma)
scāmmaro, s. m., divieto di mangiare carne; i giorni di ‘scammaro’ erano quelli prescritti dalla chiesa per il digiuno, ed il pasto si limitava a minestre di legumi o pasta (rr). v. cammarā e cammaro
scammuzze, s. m., canna mozza (rr). Pių comun. sta per moccolo di candela
scampanatorie, s. m., scampanėo (rr)
scampeciedd’, s. m., geranio spontaneo, col nome scientifico Geranium tuberosum
scampeliedd’, s. m., scampolo, piccola parte; ‘nu scampeliedd’ de’ sonne, un sonnellino
scanā, vb., lavorare la pasta per farne panelle (rr). Pronunzia: sc-kanā, come per i due termini seguenti. Anche schanā
scanāra, s. f., tavola, lunga pių di un metro, che le donne portavano in testa con le panelle pronte per il forno; al tempo stesso il termine indica la quantitā delle panelle. Riviello, invece, scrive che la scanata era la singola panella, che arrivava a pesare cinque o sei rotoli, quasi cinque chili, proprio perché il prezzo del forno era unitario e non al chilo. Anche in altri scritti vi č discordanza per i termini scanara-scanatora
scanatōra, s. f., tavola di legno per lavorare il pane o la pasta di casa; ha il bordo su tre lati, in modo che non possa fuoriuscire l’impasto durante la lavorazione. Riviello precisa che scanatora, al suo tempo, era la mezza tavola per trasportare le panelle (rr). v. scatuline
scangā, vb., sgangherare, sfasciare; la chiesia de san Gerard s’č menza scangā, la chiesa di San Gerardo si č rovinata per metā (am)
scangellā, vb., cancellare. v. scassā
scangiā, vb., scambiare; part. pass.: scangiare, detto, ad es., di un tessuto il cui colore si č modificato. v. scagnā
scangianese, agg., detto di persona poco seria o inaffidabile
scannacavadd’, s. f., una qualitā di erba spontanea infestante, detta anche ‘forasacco’, ossia Bromus sterilis
scannatura, s. f., grumo di sangue del maiale, raccolto alla fine della ‘lavorazione’ delle carni, che si condiva con cipolle, peperone piccante e si friggeva al momento
scannature, s. m., coltello per ‘scannare’ il maiale
scannča, s. f., emozione, rabbia, rossore in viso(ma). v. scannizz’ e scantā
scannele, s. m., scandalo
scannizz’, s. m., rossore da emozione (sp)
scantā, vb., sobbalzare, impressionarsi;‘mo sona la scanta patrone, ora suona l’ora del mezzogiorno (rr). La pronunzia č sc-kantā; lo stesso per le altre due voci che seguono. Part. pass., scantare, spaventato; cu duogghiescantare, con gli occhi spalancati (am)
scanto, s. m., spavento, schianto
scanųsce, vb., non conoscere; scanuscenn libertā, senza conoscere la liberta (vv)
scanuscente, agg., irriconoscente
scanusciure, agg., sconosciuto
scanzā, vb., scansare, evitare
scanzėa, s. f., mobile, detto anche ‘stipo’
scapecerrā, vb., allontanarsi, andare via; scapecerra a lu darrasse, va via lontano (vv). Sta anche per: infuriarsi fortemente, senza freni
scappā, vb., spaccare (rr); scappa pure la priera, spacca anche la pietra; scappa e pise, spaccato e pesato, detto dell’animale che si vende intero, comprese testa e zampe. La pronunzia č sc-kappā
scapulā, vb., terminare il lavoro della giornata, smettere
scapulabbiende, agg., fannullone
scapuzzā, vb., tagliare solo la parte alta, cimare una pianta
scarā, vb., dividere i contendenti, separare
scarabatt’, s. m., scarabattolo, vetrinetta. Comun., teca dove sono riposte le statue di santi
scarafuoglie, s. m., buccia di pomodoro da buttare, dopo la cottura. Nelle case pių povere si seccavano per mangiarle, pių tardi, dopo averle fritte. Cfr. MM, ‘shcarfogli’
scaravasce, s. m., scarafaggio; in senso fig., scarabocchio (am)
scarcioffele, s. m., carciofo
scareā, vb., scaricare (rd)
scariabarrėle, s. m., ‘scarica barile’, un gioco di ragazzi (rr)
scariazze, s. m., ricovero per animali, con copertura di fortuna, al contrario diiazz’ che č scoperto. v. iazz’
scarōla, s. f., indivia scarola, Cicorium endivia. Pronunzia:‘sc-karola
scarpadieggie, agg., persona agile, dal passo svelto. Scarpadieggeč agnome di famiglia
scarpāra, s. f., pedata
scarpāre, s. m., calzolaio
scarpariedde, s. m., calzolaio di scarse capacitā
scarpellėne, s. m., scalpellino. Scarpellini č top., oggi in disuso,di localitā rurale
scarpesā, vb., calpestare; voie scarpesare neva, voi calpestate la neve (am)
scarpesara, s. f., botta data con la scarpa, calcio
scarpiedde, s. m., scalpello
scarpinette, s. m., lunga, faticosa camminata; anche scarpiniett’
scarpunar’, s. m., venditore di scarponi
scarracciā, vb., togliere le canne spezzate o fradice a sostegno dei vitigni, e sostituirle (rr)
scarrupā, vb., cadere, precipitare
scarruzzā, vb., rompere, demolire, portare fuori strada; tu frabbee lu paravise e i’ lu scarrozz’ uneviagge, tu costruisci il paradiso, ed io te lo butto gių in una volta sola (am). Pių di recente, sta anche per: portare in giro, a passeggio. Scarrozza č agnome di famiglia
scarsa, v. a la scarsa
scarsiedda, s. f., biscotto tipico nel periodo di Pasqua. Danzi scrive: scarsiedda pepe e sale e lu casce e uove. v. scrascedda
scart’, s. m., scarto
scartara, s. f., strigliata, rimprovero
scaruse, agg., a testa scoperta, senza cappello (vv)
scasā, vb., cambiar casa, trasferirsi, portare via; chi gne scasaze nu piezz e chi nu stozz, chi gli portō via un pezzo, chi un’altra cosa; si so spine noi li scasamm, se sono spine noi le buttiamo via (am)
scassā, vb., cancellare. v. scangellā
scastre, s. m., dispiacere, disappunto; tantpe’ nu dasciarve cu lu scastre, tanto per non lasciarvi dispiaciuti(am)
scatapenda, s. f., spintone
scatasce, s. m., sconquasso, disastro
scaténa, s. f., scasso profondo del terreno prima della semina
scattā, vb. intr., scoppiare; č scattā ‘ncuorpe, č morto (fg). Leggi sc-kattā, come per le altre voci composte col vb. scattā
scatta bott’, s. m., sparo pirotecnico. Gioco di ragazzi, che con un petalo di rosa o dipapavero poggiato sul pollice e l’indice della mano semi chiusa, con un colpo dell’altra mano provocano un leggero scoppio
scattapignata, s. f., qualitā di erba, Silena angustifolia
scattiglie, s. m., dispetto; a ggė truvenne tonze pe scattiglie, andare cercando le
scattėma, s. f., schiatta
scattuse, agg., dispettoso. Scattuse č agnome di famiglia
scatuline, s. m., ‘scanatora’ di piccole dimensioni, usato per una minima quantitā di farina
scavafuosse, s. m., becchino
scavazzā, vb., sgolarsi; Damiane ca se scavazzāva abbramā pe’ venn li fuoglie, Damiano che si sgolava ad urlare per vendere i giornali (am)
scavegliare, agg., scapigliato, con i capelli sciolti
scaverā, vb., riscaldare; part. pass. scaverare
scaverariedde, s. m., biscotto confezionato per la Pasqua, ornato di uova sode (ll)
scaveratiedde, agg., sprovveduto (rr). E’ anche agnome di famiglia
scavestrare, agg., scapestrato (am)
scavezacane, agg., incapace, inesperto
scaveze, agg., scalzo (vv)
scavezone, agg., incapace, inetto
scazzā, vb., schiacciare; in senso lato: colpire, mandare una invettiva; ne ponne scazzāna cagliosa, ci possono dare uno schiaffo (rd). Part. pass., scazzare. Agnome di famiglia, Nasescazzare
scāzzariedde, s. m., turbine, mulinello d’aria. Riviello scrive che tale movimento d’aria, secondo le credenze popolari, portava li spiriti e li mali venti. Scazzariedde č agnome di famiglia
scazzaruccule, agg., colui che preme, spinge. Espressione che, in senso fig., ricorda il movimento di ‘scazzare’ ovvero lavorare la pasta per fare ‘u ruccule; la fodda scazzavarrucle e li uaglioni indonavene la marcia, la folla spingeva e i ragazzi intonavano la marcia (am)
scazzétta, s. f., berretto. Da un detto popolare, per criticare l’utilizzo sbagliato di un’opera giā fatta: da ‘nu cappott iesc’ ‘na scazzetta (ma)
scazzicabuoie, s. m., scaccia buoi, erba spontanea, Ononis spinosa dalle radici profonde, di ostacolo all’aratura dei campi. Cfr. DEI, ‘anonide’. Scazzicabuoie č top., oggi in disuso, di localitā rurale
scazzuoppele, s. m., persona bassa, minuta; voce in uso solo dal ’900, deriva dal nap. ‘piccolo pesce’
scedda, s. f., ascella; se riferito ai volatili, significa ala. v. attiglie
scemeiā, vb., fare lo scemo, lo gnorri. Danzi scrive: fare l’indifferente
scémpia, s. m., esempio; Danzi scrive: quest mo ve si di scempia, ora questo vi sia di esempio. v. sembie
scenca, s. f., giovenca. Scritto anche gionca
scčnne, vb., scendere; col significare di buttar gių: se scenn’ lu vine, si beve il vino (am)
scésa, s. f., discesa
schacche, v. scacche
schanā, v. scanā
schandā, v. scantā
schatta cuor’, s. m., crepacuore (am). Leggi la pronunzia sc-katta cuor’, come le parole che seguono: schattima, scherda‘e scherddent
schattėma, s. f., schiatta, stirpe
schéra, s. f., scheda
schérda, s. f., scheggia di legno; detto anche di pietra focaia (cr) o di esemplare di bellezza femminile (rr).In senso fig., scherda sta per raggio di sole o di luce (ma)
scherddént’, agg., forte, vivace; chiavčnnete nu basce scherddent, dandoti un forte bacio (am)
schianāre, part. pass., spianato, appiattito. Verrastro scrive: nun te ne addona, povereschianare, non te ne accorgi che sei un povero oppresso
schiatrā, vb., scongelare
schimōre, s. m., freddo secco; in altri dial. luc., ‘schime’. v. attassore
schiōve, vb., il cessare della pioggia; iedde parla sembe a schiuove, quello parla sempre a vanvera
schitt’, avv., soltanto, solamente; scritto anche schitte. Leggi la pronunzia sc-kitt
schiupplā, vb., aprire, levare il tappo; schiuppla li rregghie, apri le orecchie, stai a sentire
schiuvā, vb., schiodare
schizzignose, agg., schizzinoso
schuppā, vb., scoppiare; cumm ‘na carcassa quann schoppa pe’ dd’aria, come un petardo quando scoppia in aria (am). v. scattā. La pronunzia č sc-kuppā, come per schuppettara
schuppetara, s. f., schioppettata, tiro di schioppo; anche col significato di cosa esagerata; ogne ngosa se venn a schuppettare, ogni cosa si vende a prezzo esagerato
schurdone, s. m., fucile; lu vaccare s’č mbustā drete n’angonee tene lu schurdone, il vaccaro si č nascosto dietro un angolo ed ha il fucile (vv)
sciabulecchia, s. f., gladiolo, Gladiolus segetum
sciaccozza, s. f., ascia usata dal ‘bottaio’ per la fattura di botti e tini (ll)
sciaddea, agg., sciatta (rr)
scialapopole, agg., ciarlatano; la voce č usata dai venditori ambulanti nell’offrire la merce
sciambagnine, s. m., miscela di vino e gassosa
sciambagnone, agg., compagnone, persona allegra, buontempone
sciammérea, s. f., giacca, giubba maschile della borghesia e dei professionisti. La ‘mezza sciammerga’ era pių corta, usata -in genere- da artigiani e commercianti (rr)
sciammerichino, s. m., una specie di giubotto. v. sarachino
scianga, s. f., coscia o la gamba intera
sciangā, vb., azzoppare, azzopparsi; in senso lato, malmenare; part. pass. sciangare
sciapėte, agg., insipido. v. scipite
sciaquaglia, s. f., acqua sporca (ll)
sciaquetta, s. f., persona di poco conto, detto in tono dispregiativo
sciaraballe, s. m., carrozza, birroccio a due ruote
sciarrā, vb., litigare
sciarrill’, agnome di famiglia
sciascina, s. f., scempio, sfacelo; na cescina de arble, uno scempio di alberi (am). v. cescina
sciassa, s. f., soprabito leggero (rr)
sciaųra, s. f., sciagura (vv)
sciavorda, s. f., pecora di oltre un anno; sta anche per: donna sciatta, sporca (ll)
scibbia, s. f., cerniera (rt); in scritti del sec. XVI si rinviene ‘sciba’
sciccaria, s. f., eleganza
scicch’, agg., elegante; al f., scicca. Riviello traduce ‘bello’
sciddecheia, vb., usato in terza pers.: piovigginare leggermente (rt)
scieglie, vb., scegliere (am); ivi, č scritto il part. pass. scievete. v. seglie
scigna, s. f., scimmia. Scigna č agnome di famiglia
sciniglia, s. f., ciniglia, usata per i ricami del busto, nel costume femminile (rr)
scinziare, s. m., scenziato
scioffela, s. f., scarpa vecchia, ciabatta
sciotta, s. f., brodaglia, beverone. Marsico scrive: la giotta ca resta nnant’ li purciedd’, il pastone che rimane davanti ai porci.
scėpite, agg., insipido; talora č usato anche scipėte. v. sciapite
scipp’, s. m., firma in breve, sigla frettolosa
scippā, vb., strappare, rubare; scippā d’oss da mmocca li cane, rubare l’osso dalla bocca dei cani (am). v. sciuppā
sciscele, s. f., piastra di latta, in gran numero intorno al tamburrello, con i campaniedduzz’ (rr)
sciscele, s. f., giuggiola; in senso fig.: cosa senza valore, inezia, piccolo fiore in genere
scische, s. m., bottone di metallo; nun tiegn’ manch’ nu scische, non ho nemmeno un bottone, un soldo. v. chiummarole
scista, s. f., petrolio (ga)
sciubbuttā, vb., sbottare; quanne li sciubbuttene, zumpa dupple addaria, quando li stappano, salta il tappo per aria; li ppomb sciubuttare a ognepuntone, le pompe (tubi) aperte ad ogni angolo (am)
sciuffelare, part. pass., azzoppato, messo male (am)
sciuffulone, s. m., sciocchezza, errore; li sciufflone rosse ca déssene, le grosse sciocchezze che dissero (am)
sciuppā, vb., scippare, strappare. v. scippā
sciurille, s. m., fiore di zucchino (ll)
sciurtā, vb., separare, dividere, detto in genere degli animali; li pecore zopp s’hann dasciurtā, le pecore zoppe si devono separare dalle altre (rd)
sciuscelle, s. m., carrubo
sciusciā, vb., soffiare; se sciusciaze lu nase, si soffiō il naso. Anche susciā
sciusciafuoche, s. m., canna metallicaper soffiare sul fuoco (ll)
sciusciature, s. m., soffiatoio, arnese per attizzare il fuoco
sciuugliā, vb., scivolare (rr); č sciuugliā pe’ nterra, č scivolato a terra. Pica scrive: la parola sciuuglia sola sola, la parola si spiega da sola
sciuuglie, s. m., scivolata, ad es., sul bagnato o sul ghiaccio; anche gioco di ragazzi sul ghiaccio. Con lo stesso significato: sciuugliara o sciuvugliara
scola, s. f., scuola. Albano ricorda la scola Pia, tenuta dai preti. Fino all’800 le uniche scuole erano tenute dai religiosi nel Seminario Diocesano, nella Chiesa di San Francesco e nelle tre parrocchie, San Gerardo, SS. Trinitā e San Michele. Si pronunzia sc-kola
scolle, s. m., sciarpa, fazzoletto da gola, cravatta. Rutigliano scrive ‘colletto della camicia’
scollo, s. m., scollatura del costume femminile, fatta di bammascella o di tela pių fine (rr)
scommere, s. m., sgombro
sconcia giuove, s. m., chi interviene a sproposito (rd)
sconge, s. m., disturbo, scomodo (am)
scoparella, s. f., crisantemo, Xeranthemum foetidum
scorciaciucc’, s. m., detto, per dileggio, dei medici (rr)
scorciarora, s. f., scorciatoia (rr); ivi, anche scorciatora
scorre, vb., versare, far cadere; č usato per indicare il cadere dell’olio e del sale, segno di mal’augurio (rr); altro modo di dire: aggia murė cu lu vine che m’adda scorre da ‘mmocca, devo morire sazio di vino (fg)
scorza, s. f., corteccia, buccia, guscio
scorza d’albere, s. f., piegatura triangolare del fazzolettone femminile, con una cocca appuntata dietro le spallee le laterali innanzi al petto, tra il cavo delle menne (rr)
scotelacquaglia, agg., detto di chi gira nei campi d’erba dopo la pioggia. v. acquaglia
scova, s. f., scopa; na scova de mčleca, una scopa di saggina (am)
scovaquartiere, s. m., spazzino (rd)
scovastrare, s. m., spazzino
scrascedda, s. f., dolce pasquale, grosso biscotto rotondo su cui era posto un uovo sodo (rr)
scravugliā, vb., rovistare, magari in maniera disordinata; cu li cavegli scravugliare, con i capelli scompigliati. Dai versi di Rocco Brindisi: na figliola scravugliava i caveglie d’ sa mamma, e quann verėa nu procchie, u dasciava sta
screscentare, part. pass., detto del pane o focaccia che lievita troppo e si gonfia. v. cresce
screziōna, s. f., descrizione
screzzā, vb., scherzare
scrianzare, agg., screanzato, scostumato (ma)
scrima, s. f., la riga o spazio tra capelli divisi nella pettinatura; la scrima terara mbronta, la ‘scriminatura’ dritta sulla fronte (am)
scroppe, s. m., piccolo legno, sterpo. Anche scruopp’
scroscie, v. ‘ngrosce
scruccā, vb., togliere dal ‘crocco’, sganciare; in senso fig.:prendere, ottenere senza alcun merito
scrųpele, s. m., scrupolo (vv)
scruppédd’, s. f., dolce natalizio: il tipo pių antico e povero era fatto con semplice impasto di farina, acqua, sale e patate bollite; lievitata la pasta, si formavano a mano biscotti da friggere e ricoprire con un po’ di zucchero o miele. Sono chiamati anche scruppedd’, ma in realtā sono simili alle carteddare (di origine pugliese) i dolci di pasta sottile, (lavorata anche con uova e sugna) tagliata in strisce con lo spronee arrotolate in piccole forme dette ‘rosette’, fritte e ricoperte di miele, zucchero, o vino cotto.
scucchente, agg., schioccante, cu nu basce scucchent (am). Leggi la pronunzia sc-kucchent
scucchiā, vb., dividere la coppia, separarsi, litigarsi. Un modo di dire, di colui che non crede alle parole del suo interlocutore e gli intima, accavallando il dito medio sull’indice della propria mano: si č vere, scocchia li piere a Giese Criste
scucchiament’, s. m., separazione (rr)
scucuzzā, vb., tagliare del tutto i capelli; sta anche per potare la parte alta della pianta. Scucuzzare č part. pass. ed agg., calvo. Anche scuuzzare
scuetta, s. f., scopino, spazzola.Anche scuvetta, mentreScuetta č agnome di famiglia
scuffulā, vb., cadere a terra, rovinare; si fascėa scuffulā li muschi, si faceva cadere le ‘strisce’ (rr). E’ usato da Marsico in senso lato: chi te scoffela?, che ti passa per la testa? Cfr. DEI, ‘scoffo’
scuglietta, s. f., combriccola di giovani, gruppo animato e fastidiosamente vivace. Marsico e Albano scrivono: na scuglietta de prevere, na scuglietta de studente
scugliunā, vb., perdere la pazienza
scugnā, vb., sfasciare, scompaginare; part. pass., scugnare, mal ridotto, sgangherato
scullāre, part. pass., scollato
sculmā, vb., scolmare, diminuire; nun putrienn sculmā mbō cchiu li ndrussurie, non potrebbero ridurre un po’ gli interessi; hann fa sculmā la funnevaria, devono far diminuire la fondiaria (am)
scumā, vb., in senso lett. far uscire la schiuma; t’aggia scumā a sanghe, ti devo far cacciare il sangue. La pronunzia č sc-kumā
scumaglia, s. f., bava, schiuma; come voce dispreg., sta per gentaglia. Pronunzia: sc-kumaglia
scumarola, s. f., schiumarola; la voce ‘scomarola’ si rinviene giā nel sec. XVI. Leggi sc-kumarola
scumbarte, vb., suddividere, spartire; n’hamm scumbbartų lu sonn e la castagna, ci siamo divisi il letto ed il mangiare; facc’ hamme da gė scumbartenne li dupine (lupini), sembra che ci dobbiamo dividere le miserie(am)
scumbenare, part. pass., scombinato; ad es., riferito ad una promessa di matrimonio (rr)
scumbonne, vb., nascondere, mettere da parte; la pezza nun se v’a scumbbonne, me gira e vota zenza mai‘‘bbenta, il denaro non si mette mai da parte, ma gira e rigira senza mai fermarsi (am); si trova scritto, pių tardi, anche scumpennā
scummugliā, vb., scoprire. v. cummuoglie
scummųnia, s. f., scomunica (rr)
scummuove, vb., sommuovere, agitare; gne scummuveze la zelaredda, gli scatenō la diarrea (am)
scumpennā, v. scumbonne
scuncertare, part. pass., messo male, disordinato
scunciert’, s. m., ostacolo, fastidio; sta anche per: persona inopportuna, molesta
scungegnā, vb., sconcegnare, scombinare
scungiā, vb., scomodare, dar fastidio, mettere in disordine
scungreieiā, vb., cacciare dalla congrega; fa na nzenga daccuscė cu la mana e tescungreieia, fa un gesto con la mano e ti scaccia dalla comunitā (am). v. cungriā
scuntrubbā, vb., conturbare, preoccuparsi (am); part. pass., scuntrubbare
scuntrubbe, s. m., contrarietā, contrasto
scunucchiā, vb., abbattersi per stanchezza, reggersi in piedi a malapena. Anche sconocchiā e scunugghiā
scunzulāre, agg., sconsolato
scuorne, s. m., scorno, vergogna. Leggi la pronunzia sc-kuorn
scuppetta, s. f., fucile, schioppo. Leggi sc-kuppetta. v. schuppettara
scurare, agg., disgraziato (rd). v. scurure
scurcelone, agg., malandato; nu scurcelone de ciucce, un vecchio asino. Riviello scrive scorcilone
scurciā, vb., scorticare, levare la corteccia di pianta o la pelle di animale. In Danzi, fig., rubare: fanno a chi chių scorcia, fanno a chi pių ruba; scurciā da la cora, cominciare da sotto, dalla fine (am)
scurciaruole, s. m., un gioco di ragazzi, fatto con un cannello di sambuco svuotato (rr)
scurciatora, v. scorciarora
scurdā, vb., dimenticare; so sta’ figne a mo’ scurdare cu ti, mi sono dimenticato fino ad ora di te (am)
scurdara (alla), avv., a tempo perso. Dai versi di Rocco Brindisi: le canzoni cantavano,alla scurdara, nu culo di donna visto e non visto
scurdaruole, agg., smemorato, chi dimentica facilmente
scure, s. f., battente in legno, imposta della finestra
scure, agg., scuro; u’ colpe scure, il botto finale dei fuochi pirotecnici; come avv.: restazea la scura, restō al buio v. all’ascure, scure ‘e scurėa
scurėa, s. f. , oscuritā; a la scurėa, all’oscuro
scuriate, s. m. frusta di cocchieri e trainieri
scuriazze, s. m. frusta, come sopra. Nelle cerimonie pių importanti, come ad es. il funerale, si usava lo scuriazze pių lungo del normale, ed in punta era legato un fiocchetto di piume
scurlā, vb., traballare, vacillare
scurura, s. f., buio, oscuritā
scurure, agg., sfortunato, disgraziato. v. scurare
scurzine, s. m., buffetto, scappellotto; sta anche per: cantuccio del pane
scurzone, agg., furbo
scusce, vb., scucire; part. pass., scusciure. Culuscusciure č agnome
scusceliente, agg., disordinato, arruffone (rt)
scutedda, s. f., scodella
scutulā, vb., scuotere, scrollare. v. cutulā
scuvā, vb., scopare; part. pass., scuvare
scuvetta, v. scuetta
scuzzulā, vb., sgusciare; uove scuzzulare, uova sgusciate (rd)
sdanga, s. f., stanga
sdengā, vb., sdegnarsi; cu ragione s’ č sdengā lu Criatore, ma Maria, li peccatore tuhai l’obbleche a scarā; giustamente il Creatore si č sdegnato, ma tu, Maria, hai l’obbligo di mettere pace tra i peccatori (vv)
sderenara, s. f., indolezimento dei reni o della schiena; si usa anche il part. pass. ed agg. sderenare
sdramme, agg., distorto, contorto; č riferito ad oggetti o materiali, come una tavola o mobile di legno deformato dall’umido o una lamiera deformata invece che piatta. v. dramme
seā, vb., segare.
sebbalanzā, vb., spalancare; cu la bocca seballanzare, a bocca aperta (am)
sebbiā, vb., sviare, mandar via qualcuno; purienn spenge mbo’ cchių nnant laforza e sebbiā lu Papa, potevano forzare un pō pių le cose e scacciare il Papa (am). v. sbiā
secca, s. f., sete
seccā, vb., prosciugarsi, inaridirsi. Dai versi di Rocco Brindisi: Crist tenėa la vocca seccara e nu nsavėa addų accustars, ca na menna menava acqua e l’ata vin
secch’, agg., secco
seccia, s. f., colpo, tiro violento; nei dial. irpini, invece, significa ‘seppia’
secutā, v. sucutā
sedda, s. f., sella
seggia, s. f., sedia. Riviello annota che le sedie erano un prodotto tipico di Abriola
seggiare, s. m., produttore e venditore di sedie (rr)
seggrazia, s. f., disgrazia
seglie, vb., scegliere; cerne ssu rane e segliell bone, cerni questo grano e sceglilo bene (am); part. pass., sevete. Il vb. seglie si riscontra inDanzi ma scompare nei primi decenni del ‘900
segneria, s. f., signoria. v. signeria
segraziare, agg., disgraziato. v. disgraziare
semana, s. f., settimana
sembettāre, part. pass, disinfettato; pių di recente si trova sinvettare. v. sinvettā
sembie, s. m., esempio; prusembia, per esempio (am). Danzi scrive scémpia
semenzella, s. f., chiodo piccolo da calzolaio
sémmela, s. f., semola di farina; in senso lato, sta per polenta
semmenā, s. f., seminare; part. pass., semmenāre
semmenāre, s. m., seminato
semménta, s. f., semente. v. sumenta
semmenteā, vb., dimenticare; me semmenteava de dirt, mi dimenticavo di dirti (am)
semmenteanza, s. f., dimenticanza(am)
semmenzā, vb., dimezzare
semp’, avv., sempre; osc’ e semp’, oggi e sempre (rr). Altrove scritto: semb’ e sempe
senale, s. f., grembiule; č un termine in disuso
sendenzia, s. f., sentenza; na sendenzia menara, una iattura compiuta. v. sintenzia
sengā, vb., segnare. In senso fig.: scrivere; sengā quatt scaravasce sovala carta, a scrivere quattro scarabocchi sulla carta; me sott sénga, mi sottoscrivo (am)
sénga, s. f., segno, scalfittura, fessura; in senso fig., scrittura. v. ‘nzenga
sengatųre, s. m., graffietto; strumento in legno da falegnami, regolabile, con un chiodo che lascia un segno diritto e continuo per la traccia del lavoro da compiere
sennariā, vb., uscire di senno; la vecchia mia ca sennāria mpō cu li cerviedde, la mia vecchiarella che č un po’ fuori di testa (am)
sente, vb., sentire, avvertire; chi se sentia lu cuore, chi aveva il coraggio; si po’ edd nunnstarria assent, se poi lui non stesse a sentire (am); nun l’agg mai sentų, non l’ho mai conosciuto (o sentito nominare). v. assente
senzie, s. m., assenzio, anice; nuggn’eve mang ‘na stuzzodda de senzie, queddu tant capunnėa zi’ Ming int lu cafč, non c’č nemmeno una goccia di anice, quel tanto che zio Domenico metteva nel caffč; ‘nu surchie de cafč cu lu senzetiedde de lu fenogghie, un sorso di caffč con l’aroma dell’anice (am). Altrove scritto: assenzie e nascienzo. v. ssenzie
sera, s. f., seta
sérele, s. m., setola. In senso fig., capelli; sti sčrele ‘onte e ‘mbezzeente, questi capelli unti e appiccicosi. Anche sétele
serénga, s. f., siringa, pių comun. sta per iniezione; m’agg’ avutt’ a fā na serenga, ho dovuto farmi una iniezione. v. nezione e puntura
sere sere, avv., ogni sera
sereticce, agg., stantio; detto, ad es., del pane vecchio di qualche giorno (fg)
serra, s. f., sega da falegname.
serra, s. f., catena montuosa o collinare. Top. rurali, Serre e Serra Pareta
serracchie, s. m., piccola sega a mano
serrareā, vb., sradicare; serrareaze d’arble de cerasa, sradicō l’albero di ciliegio (am)
setacce, s. m., staccio, crivello con trama robusta per ‘passare’ i pomodori, onde ricavarne la salsa
sétele, v. sérele
sett, num., sette
séttema, s. f., setta, congrega; quessi sonn de la settema de li scanza fatėa, questi fanno parte della setta degli sfaticati; in altri dialetti merid., sta per: settimo giorno dalla morte di una persona
settequart’, s. m., caduta; gni farria pigliā nu bellsettequart da sova lu balcone, gli farei fare una bella caduta dal balcone (am)
sevo, s. m., sego, grasso animale
sevone, s. m., erba commestibile spontanea, lessata per insalate o minestre
sfabbreā, v. fabbreā
sfalda, s. f., asfalto, materiale bituminoso
sfasciā, vb., macellare, ovvero la prima operazione di taglio, in grosse parti, delle metā o dei quarti dell’animale
sfasteriā, vb., perdere la calma, infastidirsi
sfastirie, s. m., fastidio
sfasulare, agg., senza fagioli, cioč senza denari (rr)
sfatehāre, agg., sfaticato (rd); anche sfatiare
sfelienze, agg., persona di poco conto, straccione
sferracavadd’, top. di localitā rurale; deriva dalla natura impervia del terreno, disagevole anche per le cavalcature. Cfr. DEI, ‘sferracavallo’, col significato di: erba lunaria, Botrychium lunaria
sferrodda, s. f., coltello vecchio e arruginito (ll). Cfr. DEI, ‘sferra’
sfessā, vb., ferire, menare botte, colpire duro;ilpart. pass.sfessare sta per: ridotto in malo modo, maanche per persona poco capace
sfiatā, vb., sfiatare; comun. sta per: parlare a vuoto o troppo
sfiatature, s. m., sfiatatoio
sfigghiā, vb., sfibbiare, slacciare; s’č sfigghiā da vero lu curpett (rd)
sfilara, s. f. il termine sta per: defilarsi, allontanarsi alla chetichella; pigliā la sfilara,prendere la via dell’uscita (rr)
sfile, s. m., desiderio, voglia. v. sfuluse
sfira, s. f., sfida
sfossamort’, s. m., becchino, addetto alle riesumazioni, incaricato di vuotare e ripulire le sepolture
sfraassā, vb., fracassare, distruggere (rd)
sfrabbeā, vb., demolire, sfabbricare
sfrangenome, s. m., parola poco comprensibile, che č difficile da pronunziare; sta anche per soprannome
sfrangesiā, vb., parlare a vuoto o in maniera incomprensibile. v. sfrangenome
sfrattā, vb., sfrattare, svuotare. Sfrattafiasca č agnome di famiglia
sfrattapanella, top. di localitā rurale; č anche agnome di famiglia
sfrecā, vb., menare botte, malmenare
sfredde, s. m., calo di peso; pių di recente si trova sfridd’
sfresā, vb., oltraggiare (rb)
sfrusciā, vb., sperperare
sfuā, vb., sfogare, sfogarsi
sfuluse, agg., desideroso
sfunnā, vb., sfondare; lu ricche cchių sfunnare, il ricco pių sfondato (am)
sfurchiā, vb., cacciare fuori, sfilare. v. ‘mburchiā
sfurrā, vb., sfogare; č sfurrā a sanghe, ha cacciato fuori il sangue (am)
sfutarare, part. pass., sfoderato; doi spate sfutarare, due spade sfoderate (rd)
sgarrā, vb., sbagliare, uscire fuori delle regole
sgavaglie, s. f., giro manica del vestito
sgravā, vb., sgravarsi, riferito al parto
sgrussėne, s. m., pialletto per sgrossare il legno, con lama senza il ‘controferro’
sguinge (di), avv., di sghembo, di traverso; scritto anche di squingio
si, pron., questi. v. ssi
si, pron. rifl., se, se stesso
si, cong., se; si nunate, se non altro
sibbč, avv., almeno; subbč ca stennive na mana, almeno mi avessi teso una mano; cerca d’addu sibbč nu carrozzone, cerca di procurare almeno un carrozzone (am). v. subbč
sėcceta, s. f., siccitā
sėchere, s. m., sigaro
sicilia, s. f., top. di localitā rurale. Il nome della Contrada Sicilia, secondo taluni, deriva dalla sua conformazione geomorfologica, simile all’isola; secondo altri, dal nome f. Cecilia o Sicilia -largamente in usoa Potenza fino al ‘700- il cui diminuitivo č Cilla
sicilia, s. f., nome di una settimana di Quaresima (rr)
sicilianna, s. f., nome di un’altra settimana di Quaresima (rr)
siegge, s. m., seggio, riferito al ‘sedile’ dell’Universitā (Municipalitā) di Potenza, oggi in Piazza G. Matteotti, giā Piazza del Sedile
siere, s. m., siero, residuo dalla lavorazione del formaggio
sigaraie, s. m., foglia della vite, quando si arrotola e si secca per malattia (rr)
sigge, vb., esigere, riscuotere; nun giette pe fuora, pe gė a sigge quatte prubbeche, non andai in campagna, per andare ad incassare quattro soldi (am)
signeria, s. f., signoria, persona di riguardo; si trova anche: signoria, signiria e ssigniria. v. segneria
sine, avv., sė, certamente (am)
singére, agg., sincero; si dice del tempo, quando č limpido e sereno
singh-singh, denominazione delle piccole casette a schiera, costruite intorno al 1930 in via Ofanto da un muratore che aveva molti figli da sistemare; erano dette anche ‘Quartiere cinese’
sėnneche, s. m., sindaco. Riviello scrive sinnico
sintenzia, s. f., sentenza; spesso nel senso di malaugurio (rr). v. sendenzia
si nunnate, avv., se non altro
sinvettā, vb., disinfettare. v. sembettare
siōvia, s. f., segōvia, una qualitā di tessuto per calzoni estivi, come annota Riviello
sire, s. m., padre, genitore; misir’, tassir’, sassire, mio padre, tuo padre, suo padre
sėreche, s. m., insetto schifoso, come č tradotto nelle note di Danzi
smerle, s. m., ricamo lungo l’orlo di biancheria
smicciā, vb., guardare con attenzione, intravedere
sola, s. f., suola
sole, avv., soltanto
sōlete, s. m., soldo; senza sōlete nun se cantene mess’ (am); dim., sultesciedd’. v. sulutazz
sonne, s. m., tempia (rr)
sonne, s. m., sonno
sopa, s. m., Esopo; noi eramo li gnurante, loro dritte come a Sopa (rd)
soprammane, s. m., cucitura di rinforzo all’orlo del tessuto
sorb’, s. m., sorbo; tenemm la testa tosta mang lu sorb’, abbiamo la testa pių dura del sorbo (am)
sore sore, avv., piano piano; sore sore, ca petrosa č mbō la via; con calma, che la strada č un po’ pietrosa (ga); statte sore, stai fermo
soresce, s. m., sorcio, topo
sorta, s. f., sorte (rr); altrove scritto anche sort’
sott’, avv., sotto. In M. Albano: gė pe’ sotta, andare per strade secondarie
sottacora, s. f., sottocoda, finimento di cuoio che passa sotto la coda della bestia da soma
sottapčra, s. f., vinello leggero che si ottiene, dopo aver ricavato il vino, dall’ulteriore fermentazione delle vinacce, con aggiunta di acqua; ne risulta un vinello leggero, quasi sempre acido. v. cerella e cirella
sott’ cappiedd’, v. cappiedd’
sott’ coppela, v. coppela
sottesova, avv., sotto sopra
sova, avv., sopra; me mettiett sova la mia, mi misi in guardia (am)
sovasest’, p. m., nervi, moti di irritazione; me ‘nghianazene li sova sest, mi vennnero i nervi (am)
sovastante, s. m., sorvegliante, sovrastante (rd)
sove, agg., suo; sova, sua
sozza, s. f., piccola porzione di terreno, termine desueto del sec. XVI
sozze, avv., in parti uguali: spartenne sozze cera e acqua santa, dividendo la cera e l’acqua santa in parti uguali (vv); cerne sozza la farina, comportarsi in maniera giusta (rd); simme tutte na sozza, siamo tutti uguali (vv); stagge tremenn anguora sozz sozz, sto ancora tremando pari pari.v. assuozz’e assuzzā
sozze, agg., pari, uguale; li dire de la mana nun zo tutt sozz, le dita della mano non sono tutte uguali (am)
spacientare, part. pass., spazientito (am)
spadda, s. f., spalla
spaddagge, s. m., appoggio, sostegno; i nu spaddaggio aviett in vita mia, un solo aiuto ebbi nella mia vita (rd)
spadduccia, s. f., prosciutto, dalla zampa anteriore del maiale (rr)
spagliara, agg., senza paglia; seggia mezz’ spagliara, sedia per metā spagliata (rr)
spagnuletta, s. f., filo da cucito avvolto intorno ad un cilindretto di cartoncino, detto anche ‘sigaretta’
spaha, s. f., spada (am). v. spahe
spahe, s. m., spago, termine del potentino ‘moderno’; pių com. si usa la voce zoca
spallummā, vb., spalmare (rr)
spalummare, part. pass., sgangherato, rotto
spamise, agg., detto del terreno non lavorato, non curato; dascia la terra sova spamise, lascia il suo terreno senza averlo zappato (am)
spandecā, vb., soffrire per eccessiva ansia o emozione
spandechizze, v. pandechizze, scantāe spantā
spangedda, s. f., pezzo di carne del maiale tra la spalla e la zampa anteriore
spanne, vb., spandere; spann li denzuole, spandere il bucato di lenzuola ad asciugare; anche col significato di diffondere; se spannč la nova, si sparse la notizia (am)
spantā, vb., impaurire, impaurirsi; a lu prenzipiete spantisce ‘na nzengodda la dengua, al principio ti si blocca un po’ la lingua, detto della difficoltā del parlare una lingua straniera (am). v. scantā
spaparā, vb., respirare a fatica (rt)
sparagnā, vb., risparmiare
sparagne, s. m., risparmio
sparagnuse, agg., risparmiatore
sparatorio, s. m., insieme di fuochi artificiali, usati nelle festivitā (rr)
sparatrap’, s. m., cerotto per medicazioni
sparra, s. f., cerchietto; sorta di cercine fatto di stracci, posto sulla testa delle donne per portare pių agevolmente la scanata di panelle o altro involucro
sparte, vb., spartire, dividere; si sparte ddā lu pane mpo peruno, lā si divide il pane, un po’ per ciascuno (rd); nunn’ avienn nient cchi spart cu nnoi, non avevano niente a che fare con noi; sparte varagne, detto di chi divide l’utile, il socio (am)
spasa, s. f., vassoio, tavola per far seccare frutta o altri ortaggi da conservare (rr)
spasma, s. m., spasimo
spassara, s. f., spassata, detto per certi bisogni corporali all’aperto, come spiega Riviello
spasseggiā, vb., passeggiare su e gių (am)
spassegge, s. m., passeggio, passeggiata
spatriā, vb., espatriare, cambiare paese
speā, vb., spigare. Un detto popolare recita: si la cciedda canuscess lu nire, nesciune rane speerria, se l’uccello conoscesse il nido (il posto buono), da nessuna parte il grano crescerebbe
specia, s. f., specie. v. spezie
spegghie, s. m., specchio (am)
spelecchione, agg., fannullone, profittatore. Cfr. MM, ‘spelecchione’
spendaruole, agg., spendaccione
spenge, vb., spingere
spennacchiare, part. pass., detto di volatile con poche penne; in senso fig., di persona con capelli radi. Meno comun., spennare
spenne, vb., spendere, detto, ad. es., del denaro
spénta, s. f., spinta, aiuto (vv)
spepelā, vb., perdere i petali dei fiori
sperdirura, s. f., raccolta finale delle spighe di grano da terra (rr)
sperlecciā, s. f., assaggiare, piluccare; na sperlacciara de carna vaccina, un assaggio di carne vaccina (am)
spere, s. m., spiedo (rr)
spert, agg., sperduto, errante, detto di chi va alla ricerca di qualcosa; va semp spert pe neva eacciere a sole, va sempre alla ricerca di qualcosa che non c’č (am)
spert e demert, modo di dire: sperduto e abbandonato. Marsico scrive:
giammspert e demert, noi poverome, noi poveruomini andiamo in giro sperduti e abbandonati. Cfr. A. Varvaro, ‘Capitoli per la storia linguistica’ in <Medioevo romanzo>, a. XI, n.1. Le varie qualitā di verdura mista che crescono spontanee, tutte commestibili, sono dette, nel loro insieme, menestra sperta. Anche nel dial. di Avigliano si trova spert e demiert. v. demert
spesa, s. f., il cibo che l’operaio o il contadino si porta sul luogo di lavoro
speselā, v. spusulā
spesulā, v. spusulā
spetale, s. m., ospedale
spetazzā, vb., frantumare, rompere
spetrezzā, v. sputrezzā
spetterrare, agg., detto di persona con la camicia aperta, a torso nudo; asceze mmenzela chiazza spetterrare, uscė in piazza a torso nudo (rd)
spevelā, vb., spigolare (rr)
spevelarore, s. m., spigolatore (rr). v. spuvelarore
spezia, s. f., specie; nun ne nascene chių de quedda spezia, non ne nascono pių di quella razza. La voce spezie č usata anche in senso pių generico: certe vote tornene lispezie antiche, qualche volta tornano gli antichi desideri (o ricordi)
speziale, s. m., droghiere o farmacista; nel passato vi erano gli ‘speziali manuali’, droghieri che vendevano anche dolciumi e gli ‘speziali scientifici’, ovvero farmacisti. v. spicial
speziaria, s. f., bottega del droghiere. v. spicilaria
spezie, avv., in specie, specialmente
spezzelā, vb., piluccare, mangiare a piccoli pezzi (rd)
spezzelarure, p. m., pezzi meno pregiati del grasso di maiale, che formano la ‘nzogna de spezzelarure
spiā, vb., spiegare, oltre al significato di spiare
spianard’, s. m., spiganardo, lavanda coltivata (rr)
spiatoria, agg., espiatoria (am)
spicc’, pl. m., monete di piccolo taglio
spicciā, vb., affrettarsi; sta anche per: sbrigare una pratica, un servizio
spiciale, agg., speciale, specialista; anche farmacista o droghiere, termine desueto. v. speziale
spicilaria, s. f., bottega del droghiere (rr). In tempi precedenti, era detta anche speciaria. v. speziaria
spighette, s. m., rinforzo di cucito alla biancheria; ad. es., un piccolo pezzo di stoffa per allargare il giro vita dei pantaloni
spiia, s. f., spiegazione
spilapippe, s. m., arnese per pulire la pipa; in senso fig., persona magra, segaligna
spinaponte, s. m., arbusto di pini, Lycium europaeum (rr)
spine, s. m., spino, spina; anche col significato di spina dorsale; s’č mpezzeā lu spine a lupeddiche, si č unito l’ombelico alla spina dorsale, cioč l’immagine di uno stomaco vuoto, del tutto appiattito (am)
spėnela, s. f., succhiello
spingule, s. f., spilla. Riviello scrive spingola. Anche spungule
spiniedde, s. m., sigaretta fatta a mano, con la cartina e tabacco sfuso (ll)
spinnelā, vb., spillare, riferito soprattutto al vino (rr)
spėrete, s. m., spirito, nel senso di anima
spito, s. m., spiedo; uno spito ad maganiello. Termine desueto del sec. XVI. Cfr. DEI, ‘mangančllo’
spizie, s. m., ospizio; scritto anche spizio
spizzecā, vb., staccare. Nella pronunzia, la ‘c’ č semi muta
sponna, s. f., sponda; un modo di dire: hai ditt’ sponna!, hai detto caspita! v. sponne
sponne, vb., scaricare, fare da sponda per aiutare a scaricare dalla testa o dalle spalle un carico. M. Albano scrive: t’agg chiamā situ m’aiuta a sponn’, ti ho chiamato per aiutarmi a scaricare. v. ‘mbonne
spontacavadd’, s. f., pianta graminacea spontanea a foglia larga con l’aspetto dello zoccolo di cavallo, dal nome scientifico Digitaria sanguinalis
sporge, vb., porgere, offrire; pe’ sporge nu suvrisce, per offrire un servizio(am)
sporta, s. f., cesta, talora con due manici, per portare frutta, ortaggi. Cfr. DEI,
‘spōrta’
sprā, vb., sperare (rd)
spranza, s. f., speranza
spriurāre, part. pass., spodestato. Danzi scrive spriorare
sprone, s. m., sperone; comun. era cosė detta la rotella di ferro o di ottone dentato per orlare a disegni il giro del piccilatiedd’ (rr). v. truoccole
spruā, v. spruvā
sprufunnā, vb., sprofondare
sprumett’, vb., mancare di promessa, venire meno ad un patto (rr)
spruocch’, s. m., ramo secco, pezzo di legna
sprussiona, s. f., espressione
spruugliā, vb., sbrogliare, liberarsi; domo s’č sprugliā da li ccarene, l’uomo si č liberato dalle catene (rd); sta anche per: pulizia (potatura) leggera di alberi o cespugli. v. spruuglie
spruųglie, s. m., residuo di frasche, rametto secco. Fino a tutto il ‘700 era concesso aicittadini di raccogliere nelle campagne, anche quelle demaniali o del feudatario, la legna secca caduta a terra
spruvā, vb., sfrondare. Pių comun. sta per: rosicchiare, spolpare fino all’osso; se spruaze nu peddastre, si mangiō per intero un pollastro. Anche spruā
spulesciāra, s. f., in senso lett. ‘spulciata’; comun. sta per scarica di botte
spulmunā, vb., parlare a lungo, fino a sforzare i polmoni (fg). Sica scrive spulmuneiā
spundapere, s. m., salita molto ripida; cfr. MTG, ‘spuntapere’. Sta anche per: saliscendi delle porte
spuntā, vb., sbottonare. Danzi scrive: spuntammene li bottoni. Col significato di spuntare, risolvere, aiutare; dacchč sponta pe ffigne c’arrasa lu sole, da quando spunta il sole, fino a che tramonta; acchianelle nucarrare ca sponta a reparā tanta sciaura, spianaci una strada che ci aiuti a mettere rimedio a tanta sciagura (am)
spuntature, s. m., trinciato di tabacco;‘li spuntature so nghianā a quinnece lire, il trinciato č rincarato a quindici lire (am)
spunte, agg., inacidito, detto, ad. es., del vino
spunture, agg., pungente; detto di donna pettegola, dengua spuntura
spunzā, vb., bagnare, mettere a mollo; spunzare, part. pass.
spunzalizio, s. m., matrimonio; anche spunzalizie
spunzille, s. m., cipolla novella
spurā, vb., sputare; addō spura lu pople fa ‘na funtana, dove sputa il popolo si crea una fontana; spura c’annuvina, sputa che indovini (am)
spurazza, s. f., sputo (am). v. gliera e spure
spurcedduzz’, s. m., piccolo imbroglione
spurciedde, s. m., imbroglio, inganno
spure, s. m., sputo. v. gliera e spurazza
spurtella, s. f., cassetta di legno leggero di forma rettangolare, fatta per trasporto di frutta, ortaggi, etc.
spurtiedde, s. m., sportello
spurtusā, vb., bucare, forare; Spurtusasuvala, agnome di famiglia
spusserų, part. pass., spogliato, privato; mi so spusserų pe dargn na alantaria de currčro, mi sono svenato per farle un corredo elegante (rr)
spusulā, vb., sollevare, sospendere, ed allo stesso tempo, crescere; mang si avessa da speselā ngune trave, neanche se dovesse sollevare una trave; i’ me spusulai, io mi alzai; li vuagliō erene speselare, i ragazzi erano cresciuti (am). v. pesele
sputrezzā, vb., svezzare, crescere; li stascemm sputrezzenn gnurant cumm li attane, li stiamo facendo crescere ignoranti come i genitori; mo’ se sarrā bunacchie spetrezzā, adesso si sarā svezzato abbastanza (am)
spuvelarore, s. m., spigolatore; pseudonimo di Amedeo Marsico, autore di numerosi scritti in vernacolo potentino. v. spevelā e spevelarore
squarcione, s. m., spaccone, gradasso. Squarcione č agnome di famiglia
squasciāre, part. pass., distorto; tenienn amment a dd’ariacu la bocca squasciara, stavano a guardare in aria con la bocca spalancata (am)
squidd’, s. m., squillo
squilla, v. cambanare
ssa, pron., questa (am)
ssate, pron., quest’altro, scritto anche ssatu; ss’ata, quest’altra; ssati, questi altri
sseangāre, part. pass., sgangherato, poco stabile; sova ‘nu scagnetiedd sseangāre, su uno scannetto mezzo rotto(am).
ssemorfia, s. f., smorfia, libro dei sogni
ssenzie, s. m., assenzio, anice. v. assenzia, nascenzo e senzie
ssi, pron., questi
ssu, pron., questo; al f., ssa; ss’ata, quest’altra
sta, agg., questa; ad es., sta vota, questa volta. v. stu
stā, vb., stare, rimanere; stascire a ssent’, state a sentire
stacce, s. f., piastrella o pietra piatta (rr); lu giuove a stacce, il gioco delle ‘stacce’
staccione, s. m., palo di legno per legare animali in riposo; lu ciucce tove teraze pure lu staccione, il tuo asino strappō anche il palo(am)
stadda, s. f., stalla
staglia, inter., basta; mō vulemme dė staglia, adesso vogliamo dire basta (am). v. sterra
staglie, s. m., estaglio, patto di compenso a cottimo
stagnare, s. m., stagnaio
stambā, vb., stampare; hann stambā lu fuoglie, hanno stampato il giornale
stambara, s. f., calcio
stambaria, s. f., stamperia, tipografia
stambe, s. m, stampo, in senso fig., piede; ne metterrienn sott li stamb, ci metterebbero sotto i piedi (am)
stannarde, s. m., stendardo (rr)
stant’, s. m., stento; stant e surore, stenti e sudore (am)
stantā, vb., stentare; ll’hann stantā unestament, lo hanno guadagnato onestamente (am)
stanuffo, s. m., stantuffo (rd)
stanzione, s. m., stazione; si trova sempre scritto lu stanzione, al maschile (am)
stascione, s. f., stagione (vv)
stata, agg., quest’altra;stata nzenga de saraca, quest’altro po’ di salacca (am). v. ss’ata
stateya, s. f., stadera, termine desueto del sec. XVI
stedd’, s. f., stella
stegliuole, s. f., bastone, arnese; trave di legno usato per contenere la merce stipata sui carretti, onde evitarne la caduta. In senso fig., una persona di bell’aspetto: stu piezze de stigliuole (am). Verrastro, sempre in senso fig.,si riferisce al membro maschile. Cfr. DEI, ‘stiglio’
stembrā, vb., stemprare, diluire
stčmpra, s. f., pioggia settembrina (rr)
stendine, s. m., intestino
stengenā, vb., storpiare
stenne, vb., stendere
sterā, vb., stirare
sternegghiā, vb., stiracchiarsi. In Danzi sta per riposare, distendersi per l’ultimo sonno; addų zi Rrocch a sternegghiā, da zio Rocco a riposare, in quanto il cimitero si trova prossimo alla Chiesa di San Rocco; sternegghiā li zappele, stendere i piedi
stérra, inter., basta; nun’ ā iare manche pe di sterra, non ha il fiato nemmeno per dire basta (vv). v. staglia
stese, agg., disteso. Anchea la stesa
stigliuole, v. stegliuole
stipā, vb., conservare; me li stipa pe’ appress, me li conservo per dopo (am). Anche stupā
stizza, s. f., goccia; ha fatt’ solo doie stizze, ca nun bastene manghe pe’ ammaccā laprovela, č piovuto cosė poco, che non basta nemmeno per pulire la polvere di strada. Nelle case pių povere, il pavimento in cotto si scopava dopo averlo bagnato leggermente, per non sollevare eccessiva polvere. Marsico scrive il dim. stuzzodda
stizzecheiā, vb.,piovigginare, usato solo in terza persona
stocch’, s. m., una qualitā di baccalā
stomee, s. m., stomaco; scritto anche: stommee e stommeche
storta, s. f., distorsione
stōzz’, s. m. , tozzo, pezzo. Cfr. Dei, ‘stozza’
stracquā, vb., stancarsi, affaticarsi; s’ha da stracquā, si deve abbattere di stanchezza (rd)
stracquezza, s. f., stanchezza (am)
strafacciā, vb., scomparire dalla vista, allontanarsi; s’hann strafacciā chių de nurana, hanno fatto scomparire pių di un grano (rd). Di recente si trova col significato di: farsi male per incidente
strafuā, vb., ingozzarsi, mangiare esageratamente; scritto anche strafucā. Come vb. tr., sta per soffocare
strafuoo, s. m., pasto, mangiata eccezionale tanto da strafuā. Pica traduce ‘cucinato’
stramane, avv., fuori mano, fuori strada
stramurale, s. m.,strada intorno alle mure della cittā; ad. es., Estramurale di San Gerardo
strangaglione, s. m., mal di gola; si gn’ammatte lu strangaglione, se il mal di gola ci uccide (rd). Pių di recente, il termine sta per: uomo di grossa corporatura; infine anche per ‘membro degli equini’
stranie, agg., forestiero, straniero
straquāle, s. m., finimento della cavalcatura, che in Danzi č descritto: cinghia che circonda le natiche e impedisce al basto, in discesa,di scendere sul collo dell’animale
strāra, s. f., strada
strascenāre, s. m., strascinato, tipica pasta potentina fatta a mano; strascenare a cinchedire, fatto con tutte e cinque le dita. Strascinato č agnome di famiglia
strascina fascenn, s. m., perditempo, persona poco dedita al lavoro
stratt’, agg., distratto
stratt d’amment, avv., distrattamente (am)
straviā, vb., uscire dal seminato, dalle regole (am). Sta anche per: cambiare direzione
stravise, agg., incapace, pericoloso.
stravise, s. m., errore. Danzi scrive: SanGiuvanne fasceze stu stravise, San Giovanni fece questo errore
strazz’, s. m., straccio; č usato anche stracc’
strazzā, vb., stracciare; nu v’avir’ da fa strazzā, non dovete farvi stracciare, non vi fate sottomettere (rd). Anche con altri significati: strazzā la vira, strappare la vita, ovvero tirare a campare; gn’ha strazzā li panni ‘ncodd, ne ha sparlato (fg)
strazzacuerta, agg., straccione. Strazzacuerta č agnome di famiglia
strazzara, s. f., una tipo di focaccia
strazzariedde, s. m., agnome di famiglia
strazzelōse, agg., straccione. Marsico scrive strazzone
stréa, s. f., strega (rt)
streā, vb., strofinare, ad. es., nel lavare i panni. v. strecā, streddā, strevelā
strecā, vb., strofinare; amma strecā pe’ nterra, dobbiamo lavare il pavimento. v. streā, streddā e strevelā
strecature, v. striature
streddā, vb., strofinare, sfregare; mbō de cavecia c’hann fatt stredda’ pe’ sova li cunnutt’, un po’ di calce che hanno fatto mettere sopra le condutture (am); streddā li panni, strofinare i panni sullo strecature. v. streā, strecā e strevelā
strčnge, vb., stringere, concludere;strengenn li sacchi, concludendo. v. sacche
strengenā, vb., storcere, graffiare, rovinare; pių comun. sta per: far male, produrre danno a qualcuno
strengetųre, s. m., torchio. In senso lato.: vinello ottenuto dalla spremitura di vinacce, quindi di scarsa qualitā
strengetųre, s. m., stretta, nel senso di restrizione, disagio economico, affanno
strengōne, s. m., grossa sega da falegname, a due manici. v. stronch’
streppā, vb., estirpare
streppina, s. f., piccolo sterpo, piantina; ssa brutta streppina de fonge, questo brutto gambo di fungo (am). v. struppone
stretta, s. f., danno che provoca la siccita nellamaturazione del grano, quando il caldo sopravviene in anticipo; si lu rane anguora nunn’č mature, la stretta te lu freca
strettela, s. f., strada molto stretta, vicolo
strevelā, vb., strofinare; te la strevelene pe mmuss, te la passano davanti alla bocca. v. streā, strecā e streddā
strčveze, agg., strano, bizzarro
striatųre, s. f., tavola scanalata per fare il bucato. Anche strecature. v. struvulature
striddā, vb., imbrattare, schizzare; striddene sova lu fuoglie, scrivono sul giornale (am). v. streddā
striddacarte, s. m., imbrattacarte. In senso dispreg., detto degli impiegati. v. zelacart
strir’, s. m., dispetto
striscia, s. f., cambiale
striss, s. m., grido
strissā, vb., gridare. v. alluccā
strolee, s. m., astrologo; detto in tono scherzoso, di chi vaneggia o parla a vanvera
stronch’, s. m., sega grande a due manici, da usarsi a due mani. v. strengōne
stroppie, s. m., storpio. v. struppiā
strubbement’, s. m., spreco, dispersione; fa nu rann strubbement de tutt si melione, fa un gran spreco di tutti questi milioni (am)
strųfule, s. m., struffolo, dolce natalizio, piccola palla di pasta fritta ricoperta di miele (rr)
strugge, vb., distruggere. Part. pass. strutt’, affaticato, distrutto; strutt’ a fatihe, distrutto dalla fatica (vv)
struite, part. pass., istruito (am)
strumčnde, s. m., strumento; usato comun. per indicare atto notarile
strummulā, vb., girare, cambiare; sarriā strummulų cu’ lu clore, avrebbe cambiato colore (am). v.‘strummule
strųmmule, s. m., trottola. Riviello scrive‘strummelo
struppele, s. m., piccolo pezzo di legno o di stoffa vecchia, senza valore; in senso fig.: strofa poetica
struppiā, vb., storpiare; part. pass., struppiare. Marsico scrive struppeiā
struppina, s. f., in senso dispreg., individuo da poco conto. v. struppele
struppōne, s. m., sterpo delle viti (rr); detto comun. di radici o rami secchi, distaccati dalla pianta. v. streppina
strųre, vb., consumare, sciupare; li cannčle s’ strurene e la messa nun camina (ma)
struvugliā, vb., svegliare, svegliarsi. Scritto anche struugliā. Marsico scrive struveglie per risveglio
strųvulature, s. m., tavola scanalata per lavare i panni. Anche strecature. v. striature
struzziona, s. f., istruzione
struzzulā, vb., togliere le ‘trozzole’, pulire da escrementi o similari; se struzzulerrienne pure lu purciedde, anche i porcelli si pulirebbero (am). v. trozzole
stu, agg., questo; sta, questa; sti, questi; stummatė, questa mattina; stummern’, questo inverno. v. su
stubete, agg., stupido
stuffiā, vb., stufarsi, annoiarsi; chi stuffisce li megliere, chi si stufa delle mogli(rd)
stunā, vb., stonare, importunare; part. pass., stunare
stunacā, vb., levare l’intonaco dalle pareti
stunése, agg., stordito; fascia lu stunese, faceva il distratto (am)
stuorc’, s. m., lavoro mal riuscito (tb)
stupā, v. stipā
stuppā, vb., scontrare, scontrarsi, se so’ stuppā li ccorna, si sono scontrati (detto sia per uno scontro verbale che fisico)
stuppagliuse, agg., fastidioso, cavilloso
stuppara, s. f., fasciatura (ingessatura) fatta con stoppae bianco d’uovo
stuppele, s. m., tappo fatto con il torsolo di granone, oppure di stoppa o stoffa. v. uppele
stuppiedd’, s. m., stoppello; misura agraria pari ad un ottavo di tomolo (tummule)
stuppiedd’, s. m., stoppello; misura per aridi, pari ad un ottavo di tomolo; ne vurrisce na stuppeddara, ne vorresti uno stoppello (am)
sturciā, vb., guastare, deformare. Anche stursā
sturdųre, part. pass., stordito
sturent’, s. m., studente
sturiā, vb., studiare
sturie, s. m., studio; č ascių da li sturie, ha finito di studiare (am)
sturs, agg., deformato, storto; cu ssi ddoi vecchie vadd sturs, con questi due vecchi gallinacci malandati (am)
stutā, vb., spegnere
stutacannele, s. m., spegnitoio, arnese per spegnere le candele; anche sinonimo di sagrestano
stuvāle, s. m., stivale; cu lu sprone e la stuvala lu suldate adda passā. Il gambale del contadino era fatto con fasce di cotone (filannina) legate cuzucariedd’ (rr)
stuzzodda, v. stizza
su, pron., questo; sa, questa; ssi, questi. Pių comun., stu
suāla, s. f., siepe; talvolta scritto: supala o suvala
suattare, s. m., venditore di cuoiame; termine desueto giā nel primo ‘900
subbagliā, vb., sbagliare
subbaglie, s. m., errore, sbaglio
subbatte, vb., sbattere
subbč, v. sibbč
subbito, avv., subito, improvvisamente; č mort’ di subbito, č morto di colpo
subbruvugnā, vb., svergognare; lu subbruvugnerria per tutt lu monn, lo svergognerei in tutto il mondo (am). Part. pass.: subbruvugnāre e subbrevegnare
subbulecre, s. m., sepolcro (rb)
succére, vb., avvenire, capitare (am)
succiele, s. m., soffitto
sucialiste, agg., socialista. Scritto anche suggialiste
sucutā, vb., inseguire, perseguitare; part. pass., sucutare. v. secutā
sucutara, s. f., inseguimento
suffritte, s. m., soffritto, generalmente pietanza di interiora in umido
suggett’, part. pass., assoggettato; č suggett’ a dazie, deve pagare il dazio
suggett’, s. m., persona di tipo particolare, dal carattere difficile
suggiuvā, vb., aiutare. v. aggiutā, airā e irā
sugliuzze, s. m., singhiozzo (rr)
sulare, s. m., suola, crosta; se formaze nu sulare, si formō una soletta, una crosta
sularėne, agg., solitario; cumm’ a nu dupe sularine, come un lupo solitario
sulutazz, s. m., soldo, soldone (am). v. solete
sulvizze, s. m., supplizio
sulvizze, s. f., erba spontanea detta ‘erba della Madonna’, ossia la Centaurea solstitialis
sumana, v. semana
suménta, s. f., semente, v. semmenta
summurdare, agg., merdoso; quedd summurdare de lu nuvore m’arrutava semp attorne e quanne nuscių ne verėa me vulėa tuccā mpiett, quel merdoso del nipote mi girava sempre intorno e, di nascosto,mi voleva palpare il seno(am)
summursā, vb., cadere, sprofondare, perdere l’equilibrio; ha truvā ‘na priéra de ponta e s’č summursa’ nterra, ha trovato la punta di una pietra ed č incespicato; si se summersa lu bastement, se affonda la nave (am)
sunā, vb., suonare. In senso fig., menare botte: gne sunaie nu pare de cresommele (am)
sunāra, s. f., suonata, lezione (rt)
sunarore, s. m., suonatore
sunette, s. m., armonica a bocca
sunnā, vb., sognare; sta anche per: decidere, pensare
suora, s. f., sorella; mi suora, sassuora, mia sorella, sua sorella
suoscere, s. m., suocero; al f., donna. Triani scrive anche suoscera
suppa, s. f., zuppa di pane e vino (rr)
suppigne, s. m., soffitta
supponta, s. f., sostegno, appoggio; quando si ha appetito, č necessaria almeno una supponta, ossia un qualche alimento per rimediare al mancato pasto
suppressāra, s. f., soppressata, salame di maiale
suppuorte, s. m., soppalco, ripostiglio. Anche col significato di: spazio adibito, nello stesso locale abitativo a pianterreno, per tenere di notte animali piccoli e grandi; la divisione tra persone e animali era costituita da un solo telo scorrevole, appeso al soffitto
suprane, s. m., soprano, ovvero piano della casa sopra il sottano ed il mezzano
surā, vb., sudare; part. pass., surare
surchiā, vb., succhiare; č pių usato per indicare la inspirazione rumorosa dal naso
surchie, s. m., sorso; nu surchie de cafč (am). v. surse
surdelline, s. m., schiaffo
surecicchie, s. m., topolino
surore, s. m., sudore
surrutā, vb., ruotare, girarsi per trasferirsi in altro luogo; surrutare, part. pass., rivoltato, girato sotto sopra; na vutara e na surrutara, una voltata e una girata; cu lu cappiedd’ mane surrutare, con il cappello in mano, girato sotto sopra (ma)
surse, s. m., sorso; dim., sursciedde
susciā, v. sciusciā
suttana, s. f., veste talare; sottoveste femminile
suttāne, s. m., sottano, vano sotto strada abitato dal popolino pių povero. Il pianterreno č detto mezzane, il piano superiore, suprane
suttaniedd’, s. m., gonna; in genere era ricca di pieghe, dritte e strette fino al tallone (rr). Ivi, la gonna ricopriva il sottaniello di sotto
suvā, vb., succhiare; lu suva ‘nghiostre era detto lo scrivano o l’impiegato
suverchiā, vb., abbondare, eccedere; quanne te suverchia ngune solete, quando ti trovi qualche soldo in pių
suverchie, agg., eccessivo. Anche come avv.: ‘na nzenga suverchie, un po’ troppo
suvrisce, s. m., servizio, cortesia, favore
suvvanų, part. pass., eccitato, riscaldato; ne somm suvvanų senza beve, ci siamo eccitati senza bere. Ivi, nunne suvanemm cchių cu li murodd , non ci eccitiamo pių col cervello (am). Il vb., in genere, č usato in altri dial. meridion. per indicare il desiderio del verro da parte della scrofa in calore
suvvelte, agg., svelto
svacandā, vb., svuotare. v. avvacantā
svaliā, vb., divagare, distrarsi. E’ usato anche: sbaliā e svariā
svesture, part. pass., svestito (ll)

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