I dialetti Galloitalici della Basilicata


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Tito

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Tratto da Barone “Giuseppe Antonimi” “LA LUCANIA, Vol. II, 1795-1797, pp. 103-105”

Otto miglia lontano dalla stessa città di Potenza è posto Tito in terreno alquanto basso, e cretoso, ed ivi la gente calò da luogo più eminente, di miglior aria, e bella veduta, chiamato Tito Vecchio, ove da quando in quando fra que’ vigneti si scovrono de’ tumuli antichi, ed altri vestigj di cose, che indicano esservi state abitazioni.La terra si è però molto accresciuta di abitatori, dopochè la vicina Città di Satriano fu incendiata, e distrutta; ed allora vi furono similmente trasportati tutti gli ornamenti, e campane della Chiesa della medesima Città, oltre delle reliquie di una costa di S. Bartolomeo Apostolo, ed un braccio di S. Laviero Martire; la di cui leggenda di antichissimo carattere, contenente gli atti del di lui Martirio, ci è stata gentilmente comunicata dall’eruditissimo Avvocato D. Francesco Potenza, di antica famiglia, oriunda dalla già distrutta Città di Satriano, l’estratto de’ quali nella sottoscritta nota si può leggere.

Si conservano similmente nella Chiesa Parrocchiale del luogo gl’interi corpi de’ SS. Primo, Ronzio, e Valentino, che meritarono per la Cristiana Fede esser martirizzati poco da quivi distante, e propriamente dove si dice Merlo, a quel tempo numerosamente abitato, sebbene di presente altro non vi si vegga, che una Chiesuola, fabbricata nel proprio sito, dove furono quelli decapitati; siccome si legge negli atti di essi, comunicatimi dallo stesso Signor Avvocato Potenza, del medesimo antico carattere, l’estratto dei quali similmente qui sotto si trova .

Riposano questi corpi, e le anzidette Reliquie con altre molte, nella Chiesa Parrocchiale dela terra, la quale è al di fuori di una magnifica struttura di travertini lavorati a scarpello. Nell’alto delle abitazioni si trova un Monistero dei PP. Zoccolanti, ornato di belli corridoi, dipinti dal famoso Pietrafesa, come sono ancora varie Cappelle della Chiesa; in questo Monistero ebbi io piè un S. Agostino de Civitate Dei, creduto il primo, che fosse uscito dopo l’invenzione della stampa.

Poco sopra la cennata Chiesuola di Merolo sono alcune acque minerali, delle quali i paesani fanno uso secondo i loro bisogni, e proprietà. I vastissimi terreni del luogo sono per la semine de’ frumenti attissimi, e per pascoli anche ottimi, venendovi nell’estade numerosissimi greggi, ed armenti a pascolare.

Non sarà fuor di profitto il credere, che ‘l nome a quella terra dato, venuto le fosse dall’aver qui Tito Sempronio Gracco avuto i suoi alloggiamenti, allorché fu nelli vicini Campi Veteri chiamato, e tradito, siccome appresso sarà detto.

Leggesi in quest’atti, che ‘l nomato S. Martire fusse nato di Padre Gentile, chiamato Achileo, ed in un vico detto Tegia, o Tegianum; e forse potrebbe intendersi per Viaggiano, giacchè la leggenda situa il luogo prope Grumentum , lo che non può adattarsi a Diano, che n’è lontano ben venti miglia. Egli era affatto giovane, e manifestò a suo Padre la propria credenza, e cercò farlo rinunciare al Paganesimo, siccome facea con moltri altri di simile Religione, onde fu accusato ad Agrippa, Prefetto, o sia Preside, che facea le veci di Galerio di fresco assunto all’Impero.Quindi fu chiamato a dar conto di sua credenza, e perseverando nella confessione Cristiana, fu alla prima per mille vie stimolato a rinunciarci, ma il medesimo costante il negareed adorazioni degliIdoli, fu in oscurissimo carcere posto, ma nulla questo parimento operando in un animo illuminato dal verace Dio, ne fu cacciato, e posto all’eculeo, dal quale esortando, e pubblicando al popolo accorsovi la Fede di Cristo, molti a quella ne convertì, onde vieppiùAgrippa stizzato, ed a sdegno commosso, l’ espose alle fiere nell’arena, ma queste per Divino volere in cambio di nuocergli, e divorarlo, umili e riverenti l’accarezzarono, e baciarono i piedi; ed un Leone, od un Pardo, che fosse, scostatosi dall’altre fiere, dritto corse verso del Preside, che affiso stava a guardare l’esito della scena, per divorarlo, ma il Sant’uomo di Laviere, rendendogli bene per male, pregò il Signore ad arrestare la ferocia della bestia, come seguì .E né pure contentodi questo benefizio Agrippa, ordinò, che condotto poco distante di là, ed appunto dove il fiume Sora si unisce all’Aciri, oggi Acri, ivi il capo tagliato gli fosse, perseverando il S. Martire nel persuadere il popolo Gentile a mutar credenza. Accadde questo a 17 novembre circa il CCCXII.

Poche notizie a noi son pervenute del martirio de’ S. Primo, Sonzio, e Valentino, a causa che gli atti de’ medesimi si trovano laceri, e consumati, parte dal tempo, e parte dalla poca cura, che di essi si è tenuta, ma que’ frammenti, che leggensi, sono scritti con la maggior proprietà che desiderar si possa, e con un gusto indicibile. Da’ medesimi si ricava che nella persecuzione decima, sotto Diocleziano e Massimiano, essendo Leonzio Proconsole della Calabria e Puglia, per esattamente eseguire gl’Imperiali ordini perseguitando con indicibil furore i Cristiani, e qua e là per le Province scorrendo all’accennato luogo di Merlo, ove considerabil numero di Cristiani ricoverato s’era, e fra gli altri vi si trovarono tre animosi e valenti confessori della Fede Cristiana, per nome Primo, Sonzio, e Valentino, i quali fortemente perseverando nella Confessione di Cristo, e nulla temendo le minacce, ed i tormenti, che da Leonzio loro si minacciavano, furono finalmente decapitati; né de’di loro natali, o patria certa notizia si ha, dicendo la Cronaca, Quorum parentes, aut genus, nulla quidem nobis nota pandit h istoria. Di là a pochi anni ritrovati i di loro corpi, furono nell’accennata Parrocchial Chiesa del Tito trasportati, e divotamente conservati.

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